Studio barone- Società estera compenso amministrativo

Compenso amministratore reversibile da società estera

Quale trattamento fiscale?

Con risposta ad interpello n.167 del 28 maggio 2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un interessante chiarimento riguardante il trattamento dei compensi amministratore, erogati da società straniere collegate o controllate di società italiane, ad amministratori che sono anche dipendenti della società italiana e che hanno l’obbligo di riversare il compenso alla società stessa.

Nei gruppi internazionali accade di frequente che lavoratori dipendenti di impresa italiana (di solito lavoratori con funzioni apicali, quali i dirigenti) vengano nominati amministratori di società controllate o collegate estere, perché l’incarico è funzionale al ruolo ricoperto in azienda e necessario alla conduzione e amministrazione del gruppo stesso; altrettanto di frequente viene previsto che il compenso che in questo caso spetta all’amministratore (anche in virtù di legislazioni straniere che impongano la corresponsione obbligatoria di compensi agli amministratori) debba essere riversato alla società italiana datrice di lavoro.

Innanzitutto, occorre partire dal trattamento fiscale che il compenso deve subire nello Stato di erogazione, dando per premesso che il soggetto percettore è un residente fiscale italiano. In base all’art.16 della Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni (pressocchè universalmente applicata dall’Italia con tutti gli Stati con i quali ha stipulato una convenzione), il compenso da amministratore è considerato fiscalmente imponibile nello Stato ove ha sede la società erogatrice; di conseguenza, subirà una imposizione fiscale in detto paese (salvo previsioni di non imponibilità per via di legislazione interna). Considerato poi che l’art.51 c.2 lett.e) del TUIR considera fiscalmente non imponibili “le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro (…)”, quindi di fatto in Italia il compenso stesso non sarà imponibile in capo al dipendente/amministratore, si pone il problema di determinare il trattamento fiscale in capo alla società datrice di lavoro, cui il compenso è stato riversato, e se possibile utilizzare il meccanismo del credito di imposta per scomputare dalla imposizione italiana l’imposta versata nell’altro Stato.

L’Agenzia delle Entrate, in merito al primo quesito, ha risposto che il compenso riversato alla società datrice di lavoro deve essere assoggettato all’IRES in capo alla società italiana cui è stato riversato, e, in merito al secondo quesito, che sarà quest’ultima a poter usufruire del credito d’imposta ex art.165 TUIR.

E’ appena il caso di precisare invece che, nel caso in cui il compenso venga effettivamente corrisposto all’amministratore e non riversato alla società, per il principio della world wide taxation esso sarebbe imponibile IRPEF anche in Italia in capo al lavoratore/amministratore, con diritto al credito d’imposta.

In calce alla pronuncia, senz’altro condivisibile, dell’Agenzia delle Entrate, possiamo concludere ricordando il trattamento previdenziale che devono subire questi compensi.   

L’art.2 comma 29 L.335/95 prevede: “Il contributo alla Gestione separata di cui al comma 26 (…) è applicato sul reddito delle attività determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Come precisato dall’INPS con circolare numero 164 del 21-12-2004, la previsione di cui sopra significa che i criteri fiscali, dettati dal TUIR e dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, si applicano anche alla contribuzione della Gestione Separata. Di conseguenza, i compensi amministratore, che lavoratori italiani percepiscono in quanto consiglieri del Cda di controllate o collegate all’estero della propria società italiana datrice di lavoro e riversati alla società, non devono essere assoggettati alla Gestione Separata INPS. Ovviamente, è ben possibile che tali compensi siano soggetti ad una contribuzione nello Stato sede della società erogatrice, in virtù di un obbligo contributivo ivi vigente.