Tribunale di Bergamo, sentenza 22 febbraio 2021 n.111 e requisiti di accesso alla pensione anticipata per i c.d. precoci

Pensionamento anticipato dei lavoratori precoci

Dal Tribunale di Bergamo arriva una importante pronuncia in materia di requisiti di accesso alla pensione anticipata dei c.d. precoci.

Con sentenza n.111 del 22/2/2021, accogliendo il ricorso di un lavoratore che si era visto respingere la domanda di pensione dall’INPS per difetto nel requisito causale di cui alla lettera a) dell’art.1 c.199 della L.232/2016 (“a) sono in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche  collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e hanno concluso integralmente la  prestazione  per  la  disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi” ), i Giudici hanno stabilito che la previsione cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo deve intendersi estesa a tutte le tipologie di licenziamento previste dall’ordinamento, ivi incluso il licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui all’art.2110 comma 2 c.c., che, nello specifico, era appunto il tipo di licenziamento comminato al lavoratore che ha agito in giudizio nella sentenza in commento.

I Giudici hanno – condivisibilmente – argomentato che “il superamento del periodo di comporto costituisce una causa speciale di recesso che prevale su quella generale prevista dalla legge (art.3 L.604/1966; Cass. 22/7/2005 n.15508)”, e che “nemmeno può essere ritenuto un recesso per giustificato oggettivo”, ma che il legislatore ha evidentemente voluto ricomprendere, nella citata L.232/2016, “tutti i casi di perdita involontaria del rapporto di lavoro”, fra i quali, quindi, anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Ad avviso di chi scrive, è ben possibile quindi che il pensionamento anticipato dei “precoci” spetti anche a chi viene licenziato, in deroga al blocco-Covid oggi vigente, “nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo”, trattandosi comunque, a tutti gli effetti, di un licenziamento, anche se mediato da un accordo sindacale.