inps-Studio Barone - Insinuazione delle retribuzioni

Insinuazione delle retribuzioni al netto delle ritenute

La corretta valutazione delle retribuzioni nel passivo fallimentare

La Cassazione, con sentenza 25016/2017, è intervenuta a ribadire, se ancora ce ne fosse bisogno, che le insinuazioni delle retribuzioni dei dipendenti devono essere effettuate al lordo delle ritenute fiscali e non al netto. Una eventuale insinuazione al netto sconterà una doppia imposizione, perché sia il curatore che l’INPS (quando richiesto l’intervento del Fondo di Garanzia) sono sostituti d’imposta, e non possono quindi sottrarsi all’obbligo di effettuare le ritenute. Nel caso oggetto della sentenza, l’INPS ha chiesto, e ottenuto, l’annullamento di un decreto ingiuntivo, con il quale un dipendente aveva chiesto la liquidazione delle imposte ritenute dall’INPS in sede di pagamento del TFR da parte del Fondo di Garanzia, asserendo che la somma era stata insinuata già al netto delle imposte. La Cassazione ha ritenuto il comportamento dell’INPS corretto, in quanto l’Istituto, agendo da sostituto d’imposta, è obbligato ad effettuare le ritenute sulle somme indicate nello stato passivo, perché vincolato all’avvenuto accertamento del passivo, senza alcun obbligo di indagine sulla “natura” lorda o netta delle somme in questione.

La Corte va però oltre, asserendo che la liquidazione al netto, senza effettuazione di ritenuta, sarebbe possibile solo se “le stesse non fossero state già operate in sede di ammissione al passivo (non potendo l’INPS operare una seconda trattenuta che incida una seconda volta sull’importo effettivo da erogare, posto che il meccanismo voluto dalla legge è inequivoco e non legittima l’INPS a pretendere che un lavoratore sia assoggetto per due volte alle medesima trattenuta di natura fiscale)”, e salvo l’obbligo del lavoratore di informare e dimostrare all’INPS l’avvenuta effettuazione delle ritenute.

Ma come può esserci stata una ritenuta “già effettuata”, se si tratta di retribuzioni non pagate e la ritenuta fiscale, come ben noto, si effettua solo “all’atto del pagamento” (art.23 D.P.R.600/1973)? Ovviamente, solo nell’improbabile caso in cui il datore di lavoro poi fallito non avesse pagato le retribuzioni ma avesse versato le relative ritenute (e, aggiungiamo, non le avesse portate a credito del mod.770 come ritenute non dovute). Ma, come l’esperienza ci insegna, si tratta di una ipotesi improbabile a verificarsi. Che soluzione avrebbe, quindi, il dipendente che avesse incautamente chiesto e ottenuto l’ammissione al passivo di somme nette, per non rischiare di percepire somme doppiamente tassate? Solo quella di fare opposizione allo stato passivo, chiedendo la lordizzazione delle retribuzioni insinuate.